Rieccomi qua con l'ultimo capitolo!
Buona lettura!
Capitolo 3
-Oh! Camicia? Questa? Ehm…io…controllavo se è sporca…- Cavoli non sapevo che dire, che situazione!! Ero nel panico più totale.
-Ti…stavi soffiando il naso? Poi però ne voglio una nuova eh!- Scherzò.
-Ma no, certo che no! Io stavo solo…Ma tu non vai a mangiare?- cercai di cambiare discorso e così di riconquistare un po’ di dignità.
-Beh, sei a conoscenza degli ultimi avvenimenti, perciò capisci…non ho molta fame-
-Ah, anche io, cioè non sono stata lasciata, cioè intendevo dire che… non ho fame e non sono stata lasciata perché non ho il fidanzato eh…accidenti scusa non so cosa mi succede!- finii autodistruggendo ogni possibilità di conquistarlo.
- Non ti preoccupare, avevo capito! …Posso tenerti compagnia?-
Due ore più tardi eravamo ancora in camerino, dopo le prime titubanze ero riuscita a rilassarmi e parlammo del più e del meno, degli altri tre cantanti, io raccontai di come mio padre volesse che diventassi un avvocato come tutti in famiglia, poi lui scherzò dicendo che se io fossi diventata avvocato e lui non fosse diventato famoso forse ci saremmo comunque incontrati in tribunale a causa del suo vizio (per fortuna finito) di quando da giovane aveva rubacchiato per fare un bel regalo alla madre.
Quel giorno che era cominciato e sembrava volersi chiudere male, sul finire si rivelò uno dei più belli da quando ero partita da casa.
La mattina ero pronta con i miei bagagli e attendevo di salire sulla corriera che mi avrebbe portato all’ennesimo aeroporto. Qualche metro più in là si trovava parcheggiata l’auto grigia metallizzata che ospitava Urs, Sebastien, Carlos e David.
Urs non era ancora salito in macchina e Carlos mi sorrideva con aria furba dal finestrino, poi dopo avermi fatto l’occhiolino si piegò leggermente verso Sebastien per dirgli qualcosa senza smettere di guardarmi, poi anche Sebastien mi fissò ed io impallidii.
“Cosa diavolo sta dicendo Carlos? Ma mi vuole così male?!”
Sbuffai e mi sedetti sulla mia valigia cercando di guardare dappertutto tranne che verso la macchina, così quando Urs mi raggiunse sobbalzai dalla sorpresa.
-Ciao Giulia! Vedo che anche tu hai una bella collezione di borse!-
Lo guardai confusa: avevo solo la mia valigia e la borsetta a tracolla.
-Urs…quali borse?-
-Quelle due belle borse bluastre che hai sotto gli occhi! Adorabili!-
-Ah ah! Ridi pure! Vedo però che mi fai concorrenza!-
-Eh già, come sempre cercherò di recuperare il sonno tra una prova e l’altra, meno male che quella che ci aspetta sarà l’ultima notte insonne!-
-Ultima?-
-Certo! Quello di stasera è l’ultimo concerto, poi finalmente anche per quest’anno il tour è finito!-
Rimasi congelata: l’ultimo concerto? Era già arrivato e non me ne ero nemmeno accorta!
Dovetti assumere un’espressione triste perché Urs aggiunse:
-Perché quella faccia disperata? Pensa, questa è l’ultima sera che dovrai pensare ai nostri orli, scuciture e bottoni! Finalmente potrai prenderti una vacanza!-
Annuii pensierosa. Per fortuna arrivò l’autista che aprì il portabagagli, così salutai Urs, caricai la mia valigia e salii sulla corriera dove avrei potuto lasciar scemare la tristezza e l’ansia di dover lasciare Il Divo per sempre a causa del mio contratto di lavoro a tempo determinato.
Quella sera, mentre controllavo che i ragazzi fossero perfetti, durante la prova microfono fu molto difficile nascondere gli occhi lucidi; ogni minuto che passava era un momento che non avrei più vissuto con Sebastien e gli altri tre.
Perciò durante tutti i preparativi mi ero concentrata per non far vedere il mio disagio, ma ancora una volta non avevo fatto i conti con Carlos, il quale era riuscito a vedere oltre il mio sguardo apparentemente indifferente mentre gli facevo allargare le braccia per controllare se le maniche erano troppo strette. Lui mi guardò dritta negli occhi e rispose alla mia espressione neutra con una di consapevolezza e le sue labbra si piegarono in un sorriso cospiratorio.
“Sta forse ridendo della mia situazione? Non lo facevo così stronzo!” Pensai amareggiata.
Dato che il suo abito era a posto gli diedi il permesso di uscire, ma lui, come quella stessa mattina mi fece l’occhiolino, mi sussurrò “ tieniti pronta” e se ne andò senza lasciarmi il tempo di domandargli a cosa si stesse riferendo.
Anche gli altri tre erano pronti, così mi ritrovai da sola, confusa dallo stravagante comportamento di Carlos e come ad ogni concerto mi appostai nel retro del palco, da dove potevo sentirli cantare ed allo stesso tempo andargli facilmente incontro nel caso di un’emergenza.
Finito il primo tempo i quattro tornarono nei camerini per il cambio d’abito che per fortuna andò liscio senza intoppi.
Purtroppo avevo cantato vittoria troppo presto: mentre salivano le scale per cominciare il secondo tempo, nelle quinte semibuie Carlos calcolò male le distanze inciampando sul primo scalino e per non cadere afferrò goffamente la giacca di Sebastien.
Ma la presa si rivelò troppo aggressiva e dalla giacca di Sebastien si staccò un bottone che rotolò nel buio al di sotto del palco.
La ricerca sarebbe stata troppo lunga e Sebastien non ce l’avrebbe fatta ad entrare in scena in tempo.
Il bottone caduto era irraggiungibile, così ne cercai febbrilmente uno identico nella mia scatola piena di bottoni, ma niente, nessuno di essi sembrava corrispondere alla tonalità giusta.
Poi la mia mano destra tastò istintivamente la tasca dei miei pantaloni e le dita si strinsero intorno a qualcosa di piccolo e tondo: il bottone della nonna.
“Non è possibile” Pensai e mi sentii la testa leggera, come se fossi sotto qualche strano incantesimo. Tirai fuori il bottone scuro e lo avvicinai a quelli ancora attaccati alla giacca di Sebastien per fare un confronto: era del colore giusto!
Ma ora sorgeva un dilemma; quel bottone era importante per me, conservava un ricordo potente di un amore nato e mai maturato, ed ora era l’unico che avrebbe calzato a pennello sulla giacca di Sebastien.
Dovetti agire in fretta; non avevo tempo per pensarci oltre, così presi ago e filo e cominciai a cucirlo sulla giacca e per non perdere tempo cucii direttamente su Sebastien senza fargliela togliere.
Il bottone da attaccare era quello più in alto, così mi trovai vicinissima al viso di lui.
La mia fronte arrivava all’altezza del suo mento e potevo sentire il suo respiro caldo sul mio orecchio destro. Non riuscii a trattenermi e alzai lo sguardo per incontrare il suo. Nel punto in cui ci trovavamo, nella luce soffusa che filtrava dal telo nero che divideva il palco dalle quinte, gli occhi grigio-azzurri di lui erano due pozze scure e intense.
Intanto dall’altra parte del palco Carlos colse tutti di sorpresa cominciando a cantare Somewhere, dove lui apre da solo la canzone. I musicisti dell’orchestra sgranarono gli occhi e cercarono febbrilmente lo spartito mentre lui cantava.
“There’s a place for us, somewhere a place for us…”
Dovevo sbrigarmi, Sebastien cantava la strofa successiva!
Ce l’avevo fatta, avevo cucito il bottone mentre David stava pronunciando le ultime parole del ritornello, quindi poco prima del turno di Sebastien.
Ci fissammo per un attimo, ancora a brevissima distanza; il nostro era uno sguardo intenso come se fosse l’ultima volta che ci saremmo visti.
Lui sospirò tristemente e si allontanò da me, poi si voltò e si diresse verso le scale salendole rapidamente. Dentro di me sentii una fitta al cuore e non potei fare a meno di collegare quello che stava accadendo con il ricordo della nonna, ma poco prima di arrivare sul palco Sebastien si fermò e voltatosi corse giù verso di me.
-Ma che fai? Ancora problemi al vestito? Tocca a…-
Non riuscii a finire la frase, non ne ebbi il tempo perché lui improvvisamente mi baciò sulle labbra e mi strinse a sé.
Dall’altra parte del palco, Carlos senza battere ciglio (quasi se lo aspettasse) stava cantando la seconda strofa.
Dietro le quinte, il bacio era passionale quanto troppo breve e ci separammo lentamente con le mani ancora uno tra i capelli dell’altra; non volevo lasciarlo andare per paura che questa volta non sarebbe tornato da me.
Lui, come risvegliato da una trance sbatté gli occhi e imbarazzato aprì e chiuse la bocca e se il momento non fosse stato così intenso avrei riso per la sua espressione da pesce.
Dovetti tornare alla realtà, quindi gli sorrisi dolcemente, mi separai da lui e poi lo spinsi verso il palco.
-Devi andare- gli dissi semplicemente.
Allora si voltò e salì finalmente sul palco.
Io mi risedetti nel mio posto “riservato” nel buio dietro le quinte, dove potevo ascoltare meglio il loro canto e il mio cuore che ancora palpitava a mille dopo quello che era appena accaduto.
Sapevo che probabilmente Sebastien aveva solo agito d’impulso e che quel bacio forse non era stato nulla se non un evento isolato dovuto all’adrenalina del concerto e dell’imprevisto, ma dentro di me non potevo fare a meno di sentire un forte calore e la speranza in qualcosa di più.
Finito il concerto, osservai i ragazzi abbandonare il palco e scendere le scale, incrociai lo sguardo di Sebastien che a sua volta mi fissò intensamente, per questo non si rese conto che gli scalini erano finiti e barcollò un po’.
- Attento! …Questo scalino è proprio…galeotto!- disse Carlos.
Sentendo questa frase mi voltai verso Carlos e mi resi conto che era stato lui a “darci la spinta”, così ricambiai il sorriso con gratitudine e lui mi fece un cenno con la testa.
Il concerto e -quindi il tour- era finito. Come di consueto a fine serata ci fu il rinfresco e purtroppo Sebastien ed io non trovammo un momento per stare soli e parlarci chiaramente.
Nella mia mente sapevo che non dovevo cantar vittoria, che forse lui si sarebbe dimenticato di me; una semplice sarta come tante, ma il mio cuore mi diceva di continuare a sperare.
Giunse il momento di ritirarci e tutto ciò che fui in grado di fare fu salutare Urs, Carlos, David e Sebastien con una stretta di mano e con un “ciao” tremolante.
Mentre ripercorrevo la strada che mi portava al parcheggio della corriera riservata allo staff, mi convinsi di essere ottimista: avrei fatto di tutto per riottenere l’incarico per l’anno successivo.
Quello che io non potevo sapere era che in una lettera indirizzata al mio capo, qualcuno m’aveva elogiata per la mia professionalità e caldamente richiesta per il nuovo tour mondiale che si sarebbe svolto a distanza di pochi mesi.
Il bottone aveva finalmente ritrovato la sua giacca.
Fine
Ecco qua! Ah so che la distribuzione delle parti in Somewhere è diversa ma per esigenze "di copione" ho fatto finta che Sebastien comincia a cantare da solista solo dopo il primo ritornello. Ora che questa è finita proverò a cimentarmi in qualche altra piccola storiella.
Oltre a ringraziare Paola 79 e fiorecuin devo ringraziare Giulia che mi ha aiutato a ritoccare qualche piccola frase qui e là che non era scorrevole.
Un bacione!